LO SCANDALO OSCENO
Se fossi uomo mi chiamerei Desiderio,
Se fossi donna mi chiamerei Seduzione.
Ma di carne ed ossa non sono:
Immortale mi chiamerebbero Demonio.
Il giorno e la notte non conobbero fine, Sodoma e Gomorra nell’era dei ragni.
La rete mediatica calò nel buio, vagando all’acque della non scienza, ove tutto si cela nel non svelato. Così scoprì la via del fisico, che d’inizio parea desiderata. In salita però cominciò il declino, degli spiriti ingenui che scherzan col destino. Dall’esaltare il corpo allo schernirlo, il passo è breve. Donne mangiando feci fecero d’urina il mosto, e di vomito agonizzavano il fallo, sempre eretto di piacer baluardo. Dei giochi balordi l’attrice erotica seppe dar sostegno, senza freno alcuno alle interdizioni del suo seno. Incontrò un attore, e gli chiese perché non si rifiutasse disinibito all’opera del porno, quand’anche animali o donne fossero state della libido oggetto. E lui rispose ottemperando a scopo che il piacer non era in lui perverso, quanto triste, e bisognoso di quell’amore vero che mai conobbe in cuor, e men che meno in corpo. Ad una donna dall’angelico aspetto, ubbidita al giogo di nudità e diletto, domandò sorpreso la ragion di cotanto amplesso, nel provar piacere con uomini procaci o fiere ad effetto. Lei non rispose, ma tosto la mano le portò al suo grembo, e guardandolo negli occhi disperata mente, capì: l’assenza d’amor l’avea distrutta, logorando in lei ogni sorta di pudor. Di fronte a quelle scene bestiali, per quanto brutali e contro natura potessero sembrare, spasmodico parve in lei il dolce pensiero, di un Dio che assolve e sa aspettare.
Da qui si dipartì l’azione, che fui soggiogato al tempo. Riconciliava a se l’alme perdute, nell’angoscia della solitudine. Non v’è che il male dell’esser soli: non fummo odiati, né condannati, bensì rivestiti del perdono benigno.